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Ammettiamolo: una settimana senza pizza è una settimana a cui manca qualcosa. Quando decidi di mangiare la pizza nel week end, sin dal lunedì la aspetti e conti tutti i giorni che ti separano da lei. Preparare la pizza per qualcuno vuol dire ti voglio bene: accendo il forno e inizia la magia. La pizza è più che un semplice cibo, è l'emblema del gusto italiano, in cui ingredienti semplici e diversi si incontrano per dare un sapore unico. È perfetta a pranzo e a cena. Per preparare una Pizza Margherita gustosa in casa bastano pochi minuti, la pizza surgelata è comoda e davvero buona.  Ed è così che mentre addenti una fetta di pizza ti dici che bisognerebbe fare un monumento all'inventore della pizza, all’uomo che ha ideato di un cibo così perfetto. Sì, ma chi ha inventato la pizza?

Quando nasce la pizza

Come per tutti i piatti della tradizione, anche per la storia della pizza vi sono molte leggende che rendono difficile tracciarne le origini. Ma partiamo dai dati in nostro possesso.

Di pani bassi cotti in forni a legna è piena la storia dell'uomo. La pita greca, il naan indiano, l'ingera etiope, sono tutti dischi di pasta che servono per accompagnare altri piatti o più ingredienti saporiti, quasi come fosse una stoviglia ma da mangiare. Gli antenati comuni di questi pani sono da ricercare indietro nel tempo quando, nel Neolitico, parallelamente alla scoperta della coltivazione dei cereali, nasce l'abitudine di trasformare i chicchi in farina, e di impastare la farina con acqua per ottenere un disco di pasta da cuocere. Ma non immaginate che questi uomini mangiassero una proto pizza, il cibo così composto non era realizzato con farina di grano duro, non prevedeva nessuna lievitazione (proprio come avviene per il pane azzimo) e la cottura avveniva direttamente sul fuoco o su pietre roventi: ne veniva fuori una schiacciata molto diversa dalla pizza come la conosciamo oggi. Probabilmente già i Romani utilizzavano un disco di pasta come piatto da portata edibile, lo si evince da un passo dell’Eneide, in cui Iulo dice di aver mangiato per fame persino lo stesso piatto.

La pizza delle origini 

Troviamo le prime testimonianze di quella che diventerà la parola pizza già nella lingua longobarda. Bizzo o Pizzo era il morso, un boccone (dal tedesco bizzen), un tozzo di pane. Per la parola pizza come la conosciamo noi dobbiamo rifarci alle fonti notarili del Codex Cajetanus del 997 in cui, stipulando un contratto d’affitto per un forno, si sancisce il panettiere a ripagare i proprietari dell’immobile con delle pizze. Da quell’anno in poi le testimonianze compaiono nei documenti a noi giunti, si parla sempre di più, anche in ricettari e novelle dell’Italia mediana e meridionale.

La prima pizza quindi era molto diversa da come la conosciamo ora, era semplicemente un disco farcito, spesso ripiegato su se stesso che cuoce in forno mentre questo raggiunge le temperature adatte a cucinare pani di grandi dimensioni che potevano sfamare le famiglie. Uno dei primi mix di condimenti utilizzato per farcire la pizza sembra sia stato lo strutto, qualche pezzo di aglio e sale grosso, ma anche l’olio, il formaggio e qualche erba aromatica tra cui il basilico: questa pizza a Napoli si chiama ancora oggi pizza Mastunicola ovvero la pizza del maestro Nicola.

La storia della pizza napoletana

È tra il 1700 e il 1800 che la pizza si lega più fortemente alla città di Napoli. In quegli anni è una città densamente popolata, nei bassi la gente vive a stretto contatto, si mangia in maniera rapida un cibo cotto in pochi istanti, nutriente, semplice da trasportare ma soprattutto economico. La pizza è il cibo per le fasce di popolazione meno abbiente e diventa pian piano tanto popolare da spingere ad aprire i primi forni dedicati esclusivamente alla cottura di questi dischi di pasta: nascono le prime pizzerie. Dai forni affacciati sulla strada, viene preparata una quantità elevata di pizze che i garzoni conservano in stufe di metallo e che vendono agli angoli delle strade. La pizza rimane tiepida un po’ più a lungo ma i napoletani la mangiano anche fredda piegandola a libretto. I forni producono pizza dalle prime ore della mattina fino a tarda sera per sfamare una città che trova nella pizza l’alimento più facilmente consumabile. È così che inizia la storia della pizza napoletana. La leggenda vuole che nel 1815 fu il re Ferdinando I a portare il pizzaiolo Antonio Testa a Capodimonte nelle residenze reali per preparare delle pizze da far assaggiare alla Regina e alla corte. Da questo momento in poi anche le fasce più ricche della popolazione si avvicinano a questo cibo semplice anche se bisognerà aspettare il 1889 per vedere assistere alla nascita della pizza margherita.

Dalla fine dell’800 ci vengono tramandate testimonianze scritte di banconi di pizzeria ingombri di condimenti, leggiamo di pizze variamente farcite in cui oltre allo strutto, all’aglio, all’olio e al formaggio, si aggiungono anche pesce, mozzarella o prosciutto a seconda della disponibilità e della richiesta.  Ma per arrivare a raccontare la storia della pizza margherita, non si può non parlare di uno degli ingredienti più importanti della pizza come la conosciamo oggi: il pomodoro. Si era diffuso, grazie alla dominazione spagnola, l’uso del pomodoro per ricavarne delle salse, l’ortaggio che veniva dalle Americhe era mediamente fruttuoso e ben si adattava a diversi terreni, erano gli spagnoli a importarlo nei loro domini e a incoraggiarne, anche inconsapevolmente, l’introduzione nei ricettari della popolazione come alimento economico dal sapore acidulo.

Perché si chiama pizza margherita? E chi l’ha inventata? 

La leggenda della pizza margherita racconta che nella pizzeria della Sant’Anna di Palazzo a Napoli, operasse, alla fine del 1700, Pietro Colicchio, pizzaiolo di grande fama per l’epoca. Suo figlio Ferdinando, ereditata la pizzeria, la cedette a Raffaele Esposito. Fu quest’ultimo a dare il nome di Margherita a una pizza condita con pomodoro, mozzarella e basilico, per omaggiare la Regina di Savoia con una pizza che ricordasse i colori della bandiera italiana. La sovrana ringraziò pubblicamente Raffaele Esposito per quella pizza e pertanto da quel momento in poi tutti chiamarono Margherita la pizza così condita. Per la verità, come è facilmente intuibile, probabilmente la pizza margherita era qualcosa di già noto ai napoletani, uno dei tanti abbinamenti che era possibile ottenere mescolando ingredienti freschi e di stagione su un disco di pasta versatile e pratico da mangiare.

Per tutto il Novecento la pizza continua a riscontrare il consenso degli italiani e crescono esponenzialmente e in maniera costante i forni in cui mangiare una ottima pizza. All’inizio del ventesimo secolo la pizza viene importata in America, dove prende piede nelle comunità di immigrati e diventa un cibo talmente iconico da essere considerato uno degli alimenti base della cucina statunitense.

L’amore per la pizza è una storia destinata a durare nel tempo e si rafforza ogni giorno di più. Quando si ha voglia di pizza e poco tempo a disposizione, diventa fondamentale la possibilità di gustare comodamente una pizza surgelata Buitoni, pronta in pochi minuti e buona come vuole la tradizione italiana.